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Influencer: chi sono? Intervista a Dennis Stundl, Managing Director di TRND Italia

Influencer: chi sono? Intervista a Dennis Stundl, Managing Director di TRND Italia

Autore: Intervista di Angela Frazzetta
Data: 11/05/2016 10:08:38

     Influencer. Un tema sempre più attuale. Ma chi sono i veri influencer? Lo abbiamo chiesto a Dennis Stundl,  Managing Director di TRND Italia

     D - Dottor Stundl, cosa deve fare un potenziale Brand Ambassador, per prendere parte attiva a questa dinamica?

R - Esistono due tipi di brand ambassador: coloro che sono pagati per sponsorizzare qualcosa, e coloro che lo fanno spontaneamente. Nel primo caso è semplice convincerli: si dà loro in cambio visibilità e soprattutto denaro. Nel secondo caso, invece, i brand ambassador non ricevono denaro, piuttosto devono essere motivati e credere veramente in quello che fanno, sentendosi quasi parte dell’azienda e facendosene portavoce spontaneamente e gratuitamente. È proprio in questa ottica che trnd ha sviluppato la tecnica del marketing collaborativo secondo cui invitando persone “normali” a collaborare con i loro brand preferiti, queste persone si trasformano spontaneamente in brand ambassdor. Come mai questo accade? Principalmente perché si sentono protagonisti, sanno che la loro voce sarà ascoltata: con le tecniche sviluppate da trnd, possono infatti entrare in contatto con persone reali che lavorano per il brand e che possono ascoltare e recepire i suggerimenti. E’ per questo che a trnd piace chiamarli “assistenti marketing”, perché spesso riescono a dare suggerimenti sia sul packaging, sia sul prodotto, sia sulla comunicazione che risultano utilissimi al reparto marketing.

Inoltre, i brand ambassador creati da trnd si sentono protagonisti perché possono parlare del proprio brand preferito del tutto spontaneamente, e sono più efficaci, come afferma anche il sociologo Enrico Finzi, perché lo fanno con le proprie modalità comunicative e nei contesti che gli si addicono, quando e con chi preferiscono loro: colleghi, amici, parenti. Si sentono al proprio agio e si trovano nel loro habitat naturale, possono fare uso del dialetto e della propria personalità, conoscono l’interlocutore, insomma sono del tutto spontanei nel farlo. Per di più, oltre ai pregi possono riconoscere i difetti e, anziché nasconderli come nel caso di “finti ambassador”, possono metterli in luce fino a proporre alternative e soluzioni che si possono rivelare utili per l’azienda.

-          D - Quale futuro si delinea, a suo parere, per ciò che riguarda le dinamiche di Mkt sul web?

R - Per quanto riguarda il web e i social media, questi sono sicuramente strumenti di dialogo con i propri clienti, ma sono pur sempre “interruttivi”. Quando guardi una pubblicità in TV o leggi un post sponsorizzato interrompi la tua vita reale. Nel marketing collaborativo invece non è così: non a caso il cuore del marketing collaborativo, secondo noi, è il passaparola, la tecnica del marketing più antica del mondo, che però, prevede il contatto personale nella vita reale. Ecco perché sosteniamo che marketing collaborativo non può esistere fuori dalla vita reale: il web può dare un supporto, spesso molto utile, ma non può sostituire il passaparola autentico.

-          D - Quali saranno le tecniche vincenti?

R - Le tecniche vincenti saranno quelle che coinvolgono i brand ambassador nel modo spontaneo e volontario, perché solo così si possono creare veri legami emotivi con i brand ed influencer affidabili.

 


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